C’era una volta il servizio civile, autentica palestra di vita per migliaia di giovani, che sceglievano questa strada spesso solo con l’obiettivo di evitare la naja, e poi – catapultati all’improvviso in una dimensione del tutto sconosciuta, quella dell’impegno quotidiano in associazioni di volontariato al servizio delle persone con disabilità, o degli anziani, o degli emarginati – superato lo smarrimento iniziale, scoprivano un senso nuovo alla propria esistenza. Terminati i dodici mesi del servizio, molti di loro non riuscivano più a staccarsi dal Nuovo Mondo, e diventavano prima volontari, poi, spesso, trovavano nel sociale la premessa di una formazione lavorativa.
C’era una volta, e quasi non c’è più, non solo per la fine del servizio militare obbligatorio, ma anche perché non ci sono soldi, o i soldi non si trovano, per finanziare adeguatamente uno dei più importanti laboratori della coesione sociale e della solidarietà. Il mondo del volontariato sta vivendo una crisi di “vocazioni” che sembra inarrestabile. I volontari sono sempre più uomini e donne con i capelli grigi, pensionati attivi. I giovani, alle prese con il precariato permanente, non trovano né tempo né stimoli sufficienti per avvicinarsi all’esercizio entusiasmante della donazione gratuita del proprio tempo e della propria fatica (in controtendenza c’è solo il volontariato culturale).
Volontariato fa rima sempre più con “auto aiuto”, ossia con il fai da te, nelle associazioni e nei progetti sociali. E invece il volontario dovrebbe essere soprattutto altro da sé: ossia un cittadino che si avvicina, liberamente e gratuitamente, a una causa che non lo coinvolge direttamente (come può essere ad esempio l’esperienza di una disabilità, o di una malattia terminale). Occorre, in tempi di cambiamento, ripensare al significato anche economico e produttivo di una realtà così imponente e diffusa nel nostro Paese. Senza i volontari coleremmo a picco in pochi mesi. Lo sanno bene gli assessori ai servizi sociali dei Comuni italiani. E dunque anche questo è Pil, anche questo è patrimonio pubblico da valorizzare. Magari ripartendo dal servizio civile. Parliamone.
di F. Bomprezzi
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