“A dicembre e gennaio cominceremo un’altra infrastruttura, che è il ponte sullo stretto”. Chi lo lo ha detto? Ma il nostro “mitico” Mister Berlusconi… durante il suo intervento al convegno a Villa Madama, alla conferenza di presentazione dei piani di sviluppo di Malpensa e Fiumicino.
E chi mai potrebbe averlo detto?!
Dichiarazioni che a noi sembrano davvero allucinanti. Parlare della costruzione del ponte di Messina dopo la tragedia ambientale che ha visto contare trenta morti e centinaia di sfollati è davvero incredibile.
Le priorità di Messina e della Sicilia pensiamo proprio che siano altre, tipo mettere in sicurezza il territorio…
Ma alla fine poi a chi frega della sicurezza dei cittadini?
Forse solo alla LEGA… ma solo in campagna elettorale e solo contro gli immigrati!!!
Per loro la sicurezza è respingere l’immigrato! Che intelligenza ragazzi…
Tornando all’incoscente Mister B., vorremmo consigliargli la lettura di questa illuminante ricerca realizzata da “terrelibere” con oggetto “Il Ponte MOSTRO sullo stretto“.
Noi ve la riassumiamo qui di seguito:
1. Il club del cemento. Perché il Ponte è affare per pochi.
Con la definizione del General Contractor si arriva ad un momento cruciale della vicenda Ponte. La gara, tuttavia, presenta alcune anomalie: un impressionante ribasso d’asta di 500 milioni di euro, una controversa penale che impegnerebbe le istituzioni alla prosecuzione dei lavori, ed infine la misteriosa defezione delle grandi imprese estere.
A questo si aggiungono i conflitti di interesse tra finanziatori e finanziati, controllori e controllati e soprattutto gli incroci, le ricorrenze di nomi e società, le partecipazioni multiple che fanno pensare ad una maxi lobby che da anni sponsorizza e promuove le grandi opere.
- General Contractor. La gara e la penale
- Chi è Impregilo
- I conflitti d’interesse
- La coop “rossa” che lega il Ponte a Sigonella
- Il presidente. Zamberletti e l’IGI
2. Impatto sociale. Perché il Ponte stravolge la vita della comunità.
Un mega-cantiere di 764.500 metri quadrati che non coinvolge solo la costa, ma arriva fin dentro i centri urbani di Messina e Villa San Giovanni e che farà sentire i suoi effetti ben più in là, persino a Milazzo e Misterbianco in Sicilia e Saline Ioniche in Calabria, con i tir che trasporteranno gli inerti (2000 camion al giorno), il traffico congestionato, l’incremento degli agenti inquinanti, il fabbisogno di acqua dei cantieri sottratta alle persone ed i pericoli per la salute degli abitanti.
Tra il megacantiere del Ponte e la presenza di essere umani nello Stretto non c’è alcuna compatibilità, in un territorio già fragilissimo dal punto di vista economico e sociale.
- Un Ponte “keynesiano”
- L’impatto urbano e la salute degli abitanti
- Danni collaterali. Il terremoto di Messina
- Le opere compensative e mitigatrici
3. La mafia. Perché il Ponte ripropone il dominio criminale.
Da anni le istituzioni (e quindi non solo il movimento no-Ponte) lanciano preoccupati allarmi sui tentativi della criminalità organizzata di mettere le mani sull’affare del mega-cantiere. Esistono già le prove di due scenari complementari tra loro: cosche locali che si inseriscono nei sub-appalti, nelle opere secondarie, nell’imposizione di pizzo e “guardianìa” e grande mafia internazionale che prova direttamente a finanziare l’opera, grazie ad enormi disponibilità monetarie, importanti complicità, e troppi occhi che si girano dall’altra parte…
- Cantieri, subappalti, rifornimenti e calcestruzzo…
- Il Ponte costruito con l’eroina
- La convergenza ‘Ndrangheta-Cosa Nostra
- Dal Canada allo Stretto via Arabia Saudita
4. La diseconomia. Perché il Ponte è un disastro per i conti pubblici.
Il Ponte “finanziato e costruito dai privati” è in realtà una menzogna. Il principio che si sta seguendo (“intanto iniziamo, poi si vedrà…”) avrà conseguenze disastrose per il bilancio dello Stato.
L’esperienza fallimentare del canale della Manica, con ben altre premesse, è indicativa. E gli studi preliminari sul traffico dello Stretto hanno già palesemente sovradimensionato la domanda di utenza e sottostimato i costi di realizzazione…
- Il sovradimensionamento della domanda
- Effetto Canale della Manica
- Costi sottostimati e “speculazione progettuale”
- Ma chi paga?
5. Impatto occupazionale. Perché il Ponte non dà lavoro.
Le previsioni occupazionali per il cantiere del Ponte si riferiscono ad un periodo di tempo limitato (la durata dei lavori). A regime, si avrebbe un saldo negativo tra la situazione attuale (l’indotto del traghettamento) e la proiezione futura (la manutenzione dell’infrastruttura).
Il Ponte come “volano di sviluppo” è frutto di ipotesi non documentate su fantomatici investimenti futuri. Un vecchio modo di calare dall’alto un modello di industrializzazione superato, che non connette luoghi, culture, spazi e conoscenze ma produce “cattedrali” fatalmente destinate all’isolamento.
- Mille contro quattrocento
- La cattedrale nello Stretto
- Il presunto risparmio dei tempi di attraversamento
6. Impatto ambientale. Perché il Ponte distrugge l’ecosistema.
Lo Studio di impatto ambientale, su cui è stata anche aperta una inchiesta giudiziaria, non affronta una serie di importanti questioni, tra le quali la compatibilità tra il megacantiere prima ed il manufatto dopo con gli undici siti di importanza comunitaria e le sette zone a protezione speciale che già oggi compongono lo straordinario ecosistema dello Stretto.
Un paesaggio dal valore unico e di straordinaria bellezza, purtroppo già deturpato da abusivismo, antropizzazione selvaggia ed incuria, oggi si trova al bivio tra la definitiva distruzione ed un possibile rilancio.
- Un patrimonio naturale unico
- Il Ponte messo in mora dagli uccelli
- L’inchiesta sull’impatto ambientale
- L’alterazione dei fondali marini
- Il rischio archeologico
- Il rischio sismico
- Fenomeni geodinamici dell’area dello Stretto
7. I militari. Perché il Ponte è collegato alla guerra.
In ultimo, un aspetto sconosciuto ai più: il Ponte darà nuovo impulso al processo di militarizzazione del Sud Italia. Troppe convergenze di uomini, società ed interessi legano la realizzazione del Ponte alle guerre che insanguinano i paesi del Sud del mondo. Le società in gara partecipano contestualmente ad iniziative di chiaro stampo neocoloniale, oppure a progetti legati al mondo militare: dal traffico internazionale di armi, alla cosiddetta “ricostruzione” in Iraq.
Cosa pensate che ne sappiano di impatto sociale o identità culturale dei territori?
aaah!!!…
ora ho capito come si giustifica la magia delle monnezze di Naoli….con la costruzione dello stretto!!! 😉